Archive for 30/09/2013
Euridice_ R. Vecchioni
30/09/2013Euridice_ R. Vecchioni_ fonte: bobani1
uhm…… il testo narra la vicenda di Euridice e Orfeo…….
Orfeo che combatte con tutte le sue forze per salvare il suo Amore: canta, canta, canta fino allo stremo delle sue forze, deciso a tutto pur di riavere la sua amata Euridice, finché all’improvviso si rende conto che è finita ed è il tempo di lasciarla andare…… e focalizza la realtà:
“dopo aver vinto il gelo e battuto l’inferno basterà che mi volti e la lascio alla notte, la lascio all’inverno“…….
e si volterà: ” mi volterò perché l’ho visto il gelo che le ha preso la vita, e io, io adesso, nessun altro, dico che è finita”
e realizza che c’è tutto un mondo da vivere oltre Euridice: “e ragazze sognanti mi aspettano a danzarmi il cuore, perché tutto quello che si piange non è amore….”
……. già…. c’è un punto di non ritorno……
il punto di non ritorno è quello che se si raggiunge non permette di tornare indietro, malgrado ogni sforzo: si può lottare anche contro sé stessi, ma ad un certo punto c’è quel qualcosa che obbliga a riflettere con fredda lucidità e a fermarsi……
non è una resa, è semplicemente la presa di coscienza della verità…….l’accettazione della realtà…….
bellissimo testo!!!
rospi…..
26/09/2013Cecità…..
26/09/2013Breuguel, “la parabola dei ciechi”
ho sempre amato questo dipinto…….
ricordo l’emozione che provai quando, in visita al Museo di Capodimonte di Napoli, me lo trovai davanti: io non sono una patita dell’arte pittorica, o meglio non ho mai provato quell’estasi che prende il vero amante della pittura, e al liceo, per quanto la Storia dell’Arte fosse una materia importante, avendo avuto un’insegnante piuttosto “debole” nonostante molto preparata, non ho saputo cogliere, purtroppo, l’opportunità di essere in qualche modo guidata in questo mondo stupefacente pregno di emozioni…….
però ci sono alcuni dipinti che mi arrivano istintivamente dentro l’anima, e “La parabola dei Ciechi” di Breugel è uno di questi.
quando mi ci trovai improvvisamente davanti mi emozionai tantissimo, dal momento che nella mia ignoranza in materia non sapevo che era conservato lì, e ricordo che non trovai nulla di più ovvio che, le gambe tremanti per lo stupore, sedermi su una delle panchine poste di fronte al dipinto e rimanere lì incantata…..
dopo non ci potevo credere nemmeno io: IO, lì, ferma, in catalessi, per un tempo indefinito e totalmente estranea a tutto ciò che c’era intorno, ad osservare ogni centimetro di quel dipinto, a farlo mio, ad assaporarne ogni sfumatura, fino ad arrivare al punto di uscire da dentro di me e trovarmi io stessa su quell’erba dai colori bruciati e “tristi”, a guardare impotente da vicino tutti quegli uomini affidarsi l’uno all’altro e cadere irrimediabilmente l’uno dopo l’altro, a condividere la loro drammatica vicenda, la schiena percorsa da un brivido di freddo in pieno agosto, quel freddo che accompagna i più tristi e lugubri pensieri e che nulla ha a che fare con le condizioni meteorologiche……..
l’arte è arte non quando lo dice un libro di storia o il Professor Tal dei Tali, ma quando ti emoziona, quando ti coinvolge al punto da trascinarti in un luogo che se fino a quel momento ti era stato estraneo ti ci immerge tanto da fartelo riconoscere come tuo, anche se quel che ti fa vivere è un senso di soffocamento….. non puoi far altro che assecondare quel che senti e viverlo…..
e stasera sto pensando a Bruno, mio zio, uno dei fratelli di papà …….
Bruno era sordomuto, ma non utilizzava la LIS, il linguaggio dei segni, lui leggeva il labiale e si esprimeva con la voce, una voce gutturale che non riusciva a riprodurre, ovviamente, in modo perfetto i suoni, ma che lo metteva in grado di relazionarsi praticamente con tutti, il che, a mio avviso, in qualche modo gli ha permesso di ridurre, e non poco, quella distanza inevitabile tra lui ed il resto del mondo……
riflettendoci, era l’unico zio che chiamavamo direttamente col nome, senza usare l’appellativo….. chissà perché, forse il suo carattere gioviale, o forse la sua dolcezza….. boh….. lo ricordo con affetto infinito…..
una volta, parlando delle difficoltà che si incontrano nella quotidianità in una situazione come la sua (parliamo di un tempo in cui i portatori di handicap avevano molte più difficoltà per l’inserimento nella società), Bruno affermò con decisione che se la sordità crea dei disagi, la cecità, dal suo punto di vista, era un vero e proprio limite: si era soggetti sicuramente ad un maggior numero di truffe e si potevano prendere più facilmente abbagli…… “li imbrogliano”, furono le sue parole…..
io rimasi sconcertata dalla sua affermazione: per me, fruitrice della musica vuoi dal punto di vista dello studio vuoi dal punto di vista amatoriale, il suo handicap era “gravissimo”, perché gli impediva di fruire di una parte importantissima della realtà, di una quantità enorme di sensazioni, nonché di uno dei mezzi più immediati e potenti per trasmettere e condividere emozioni, ma cominciai a riflettere, e non tanto sulla questione in sé, quanto sul fatto che lui, che avrebbe potuto sottolineare la drammaticità della propria difficoltà, non riusciva a non riconoscere la maggior gravità della cecità…..
oggi pensavo alla cecità in termini diversi, ovvero non a quella fisica, piuttosto alla cecità di chi non VUOL vedere o non SA vedere pur essendo dotato degli “appositi strumenti fisici”……
si, la cecità è decisamente terribile anche da un punto di vista metaforico: ti passa sotto gli occhi la verità lampante e non la vedi….. e puoi esser vittima di cantonate davvero strepitose, però……
però c’è anche chi si nasconde dietro la cecità, chi di proposito non vede, o meglio non vuol vedere e fa finta di non vedere per non far saper che vede eccome……
chissà, forse perché sa che, ammettendo di vedere, dovrebbe mettere in atto strategie di combattimento e non ritiene valga la pena di impiegare le proprie energie per quello scopo……
o ancora, chissà, forse perché in fondo, per quanto sappia che dovrebbe combatterlo, sta più “comodo” in quel che “fa vedere di vedere” piuttosto che in quel che “fa vedere di non vedere” e sceglie di lasciare andare le cose secondo “il destino”…….
……chissà …….
Arrabbiature permanenti e passeggere……
19/09/2013
conosco persone che stanno sempre arrabbiate….. si alzano arrabbiate, escono arrabbiate, tornano arrabbiate, salutano arrabbiate, mangiano arrabbiate, vanno a dormire arrabbiate…….
io non sono una persona “calma”, anch’io mi arrabbio, però poi sto bene, adoro ridere, adoro scherzare, adoro cantare, ballare, saltare, giocare, incantarmi a guardare il cielo e a giocare con le nuvole…… anche se ho appena finito di arrabbiarmi poi finisce……
forse il “trucco” sta nell’arrabbiarsi con le persone, con chi mi fa arrabbiare, mai con la vita…….. chissà……..
(orlypi)
Motivazione
15/09/2013Sono una secchiona sfigata!!!
13/09/2013e guardo il mio piano: bello, nero, lucido, uno Yamaha 1,61, il limite tra la mezza coda e il quarto di coda…. chissà cosa avevo nel cervello quel giorno quando lo acquistai: in un altro negozio avevo trovato un 1,73 per la stessa stratosferica cifra, ma non mi fermai, andai altrove, nella strada della musica, lì avrei trovato il mio strumento, sapevo che quello appena lasciato non era quello giusto…..
per anni avevo studiato sul piano di mia madre, uno splendido verticale a corde incrociate di cui non ricordo il nome, lasciandoci letteralmente la pelle, questo schifo di pelle ipersensibile che si ispessisce ad ogni minimo utilizzo ripetuto, che si spacca in profondità al primo freddo….. i miei polpastrelli dopo ore di studio sanguinavano lasciando macchie sulla tastiera, dolevano, ma non vi sapevo rinunciare: Dio!!! c’era Dio nel mio piano, io ci potevo parlare e lui poteva essere mio tramite: attraverso la sua voce il mio pianto e la mia gioia, la mia rabbia e la mia malinconia esplodevano senza remore, dimentichi della mia innata insicurezza, della mia timidezza, della mia ritrosia…. io con lui, attraverso lui ero potente, io diventavo tramite tra Loro, i Grandi Maestri del passato, e il resto del mondo….. tra Loro e me stessa…. e potevo parlare con chi non c’era più, e potevo invocare il divino…..
ricordo ancora quella volta che mi venne a prendere un ragazzo, QUEL ragazzo, per andare al cinema: io ero nervosissima, tesissima, era la prima volta che uscivamo insieme, da soli, lui era molto più grande di me ed io ero letteralmente terrorizzata…
nella sua attesa non trovai di meglio che suonare un Improvviso di Schubert per placare la mia ansia, e quando bussò alla porta lo sentii chiedere a mia madre se fosse un disco e le sue parole sorprese dal fatto che ero IO quel disco: il mio ego salì alle stelle!!! IO PARAGONATA AD UN DISCO!!! il cuore a mille e le mani tremanti per quel complimento, non sarei stata capace di emettere più una sola nota….. chiusi in fretta libri e tastiera e rossa come un peperone uscii con lui, ma continuavo a immaginare me/disco……
e passavano i giorni, i mesi, gli anni, quel ragazzo ormai nel dimenticatoio, ma io ero sempre lì, sulla mia tastiera, continuando in questo viaggio interiore: era l’epoca del liceo, ricordo come se fosse oggi le sfacchinate: appena finiti i compiti di scuola mi chiudevo col mio pianoforte ed attaccavo a studiare per ore ed ore…….
e giunse il tempo di studi più avanzati, il famoso 8° anno, e con quella preparazione venne il giorno in cui non potei fare a meno di passare ad uno strumento più adeguato….
già, proprio come succede per i dizionari di lingua straniera: finché non ti ci addentri nella lingua, finché sei alle medie, bene o male ti arrangi col formato tascabile, ma quando le cose iniziano a farsi serie, DEVI prendere un dizionario serio…… ecco, la decisione di prendere un mezza coda fu dettata esattamente dalla stessa esigenza: la preparazione dell’8° anno, una sorta di concerto, era necessario lo strumento giusto per poter mettere a punto i brani da presentare, per abituarsi alla sonorità diversa, per poter “misurare” ed imparare a controllare la potenza di un pari strumento che avrei poi dovuto utilizzare all’esame……
in fondo col pianoforte ci stabilisci lo stesso tipo di rapporto che crei con una macchina: devi imparare a sentirla, devi domarla, devi diventare un tutt’uno con lei quando ci entri, ma devi saperla controllare, solo allora ti puoi permettere di correre e bruciare chilometri, solo allora saprai che non ti tradirà…..
e mi trovai a girare fra negozi di strumenti e a “saggiare” tastiere, o meglio ad ascoltare voci diverse…… fino a fermarmi in quel negozio nella strada del Conservatorio, a sedermi davanti a questo straordinario strumento, intuire che era LUI il MIO piano e che io gli appartenevo, e dall’emozione dimenticare tutti i brani triti e ritriti, quelli macinati per ore ed ore di studio fino a quel momento e non esser capace che di accarezzarne i tasti, accennare a qualcosa giusto per accontentare l’incredulo commerciante, ed andar via col cuore in gola per la gioia……
a casa guardavo il vecchio piano verticale e mi sentivo in colpa, non sapevo separarmene, non volevo abbandonarlo, un pezzo del mio cuore gli apparteneva…… dio, quanti anni, fra studio ed interruzioni per diversi motivi avevo passato davanti a quella tastiera…..
per un certo periodo studiavo sul verticale e poi passavo sul mezza coda, ma questo stratagemma se per un verso mi permetteva di non abbandonare il vecchio strumento, d’altro canto non mi concedeva il tempo giusto per familiarizzare col mezza coda: era venuto il momento di dirgli addio, di non farlo più partecipe del mio sentire….. e così fu….. la mia nuova voce ormai era lui……
poi venne il giorno in cui dovetti separarmi dal mio Yamaha fisicamente per tanto tempo, troppo tempo, credo circa tre anni, per problemi di spazio, e ricordo come fosse oggi l’emozione nel vedere i trasportatori portarlo su per l’ultima rampa di scale ed aprirgli la porta di casa: fu la stessa identica emozione provata quel giorno di tanti anni prima quando l’avevo accarezzato la prima volta!…..
immaginavo che avrei ripreso il nostro rapporto interrotto esattamente allo stesso modo, ma le nuove esigenze familiari mi impedirono di riprendere a “parlare” con lui ”come dicevo io”, ovvero chiusa in una stanza, concentrata sulla tastiera e sugli spartiti, e senza nulla che potesse distogliermi, per cui col passar del tempo si trasformò da strumento musicale in supporto per le cose più svariate, e continua tuttora ad esserlo…..
qualche giorno fa, sul diario di FB, mi passa un link:
“La gente pensa che la cosa peggiore sia perdere una persona cui si vuole bene. Si sbaglia. La cosa peggiore è perdere sé stessi mentre si vuole troppo bene a qualcuno” (cit) …..
questa frase mi entra nella testa e non va via, comincio a pensarci sempre più spesso, comincio a riflettere con maggiore insistenza alle mie passioni abbandonate, dimenticate, soffocate, che mi urlano tutte insieme nella mente da diverso tempo, da troppo tempo: Paola non balla più…. Paola non canta più…. Paola non cammina più…. Paola non studia più…. Paola non suona più….. Paola non gioca più a ping pong….. Paola non va più in bicicletta…
Paola non fumava nemmeno più!
rido nervosamente, in fondo so bene che, nonostante io stessa non sopporti più l’odore del fumo sui vestiti, sui capelli, sulle mani, negli ambienti, il suo sapore, il fumo è stata la cosa più immediatamente ripescabile tra quelle abbandonate, una delle cose che ho sempre fatto nonostante le pause lunghe anche anni tra un periodo di fumo ed uno di non fumo….. ecco perché fumo, per ritrovare un pezzo di me!
che stronzata!!!
e ricomincio a pensare al link: non importa se per amore verso un figlio o verso un uomo, importa che si siano lasciate andare le passioni, che si sia tradito quello che più profondamente ci apparitene, che, amando un altro, ci si sia dimenticati di amare sé stessi, ANCHE sé stessi……
qualche giorno fa, sempre su fb, un nuovo amico mi scrive “tranquilla, ho capito che sei la secchiona di casa tua”……
ho cominciato a rimuginare anche su questo, finché ho raccontato a mio figlio questo episodio e lui, senza nemmeno farmi completare la frase “non so se prenderlo come un complimento o no” mi guarda e ridendo mi lancia uno “SFIGATA!” …….
uhm……sfigata……. sfigata?!? ma perché? perché nonostante gli anni continuo a trovare gusto nello studiare qualunque cosa possa studiare? perché mi diverte quando uno dei miei ragazzi mi arriva con un esercizio di matematica che non riesce a risolvere e tanto mi alzo quando l’ho finito? perché trovo gusto nel sezionare, sminuzzare, tagliuzzare un brano di Vecchioni per afferrarne e assaporarne tutte le parti strumentali e sentire tante volte lo stesso pezzetto finché non capisco se si tratta di un mordente o di un’acciaccatura? per questo sarei sfigata?
uhm…… rimugino su questi appellativi per un paio di giorni finché stamattina ho guardato il mio piano: irraggiungibile, il mio piano è irraggiungibile, io ho permesso che venisse barricato per renderlo inaccessibile A ME così da non poter più comunicare con Dio…. ho frapposto non pochi ostacoli fra me e lui per opporre un ulteriore impedimento quando avessi deciso di ritrovarlo……
bene, non ci ho pensato su due volte, ho iniziato a sgombrarlo, l’ho aperto, mi sono armata di spartiti, ed ho cominciato a studiare Bach! si, ho studiato Bach per un paio d’ore, un brano facile, ovviamente, sono vent’anni che le mie mani sono ferme, che non toccano il piano per STUDIARE, hanno bisogno di essere trattate con delicatezza e non essere sottoposte a sforzi inutili, ma oggi ho ripreso a studiare, e ci sono riuscita, il brano dapprima a malapena accennato alla fine è venuto su con tanto di accorgimenti espressivi! sono soddisfatta!!!
e non mi importa più né di sapere se quel “secchiona” fosse un complimento o no, e non mi interessa nemmeno più lo “SFIGATA” lanciatomi da mio figlio: io oggi ho ripreso a studiare, e nel momento in cui sono riuscita a concentrarmi nel modo giusto e mi sono sentita finalmente me mi sono detta: sei una secchiona sfigata!!!